“In un contesto ancorquando sacralizzato, indipendentemente da sandronate e civetterie, ma ancora moderatamente onesto, si potrebbe rispettosamente cercare di stirare le cuoia. Almeno con un po’ di soggettività.
Invece le trappole costituenti, le assurdità viventi, i flussi confluenti e altre mnemosità partecipanti, impediscono anche questo.
Certo si potrebbe provare a scoppiettare sotto cenere e tentar di alimentare urgentemente fronzoli e frustoli, con la speranza, magnanima, di tirarsi fuori dal lutto.
<< Salvati ciccio, salvati! Non menar luppoli e mutande: mantieniti le unghie per quando sarà buio.>>
E se non verrà mai ? – dirai te. Si è vero, potrebbe anche finir così. E’ un gran bel garbuglio, caro mio. L’unica è prender la via, con le gambe in baracca e la lingua in tasca … e adesso ti saluto!”.
Si girò dall’altra parte e andò per la sua strada gesticolando. Poi si avvicinò a un mobile, toccò alcune cose ma, non trovando quello che cercava, si allontanò parlottando.
P.B., una signora sofferente di una grave forma di demenza senile, mi fermò e mi disse più o meno queste cose.
Per cercare di capire cosa mi stava dicendo tentai di isolare delle singole parole che avessero senso. Non capivo. Poi cominciai a pensare alle sue frasi rovesciandole e rigirandole da tutte le parti per tentare di dar loro un significato secondo le nostre convenzioni e tradizioni: niente, non ci capivo niente.
Però la sua mimica facciale, l’atteggiamento delle mani e la postura erano estremamente serie e convincenti.
Ma allora, mi aveva detto parole che non rispecchiavano più i suoi pensieri, causa la malattia, o qualcos’altro ?
Poi capii. Dovevo “sentire” il senso generale del racconto. Come se si ascoltasse da lontano, senza quindi percepire tutte le parole. Senza soffermarmi su una definizione o una frase sola.
Allora capii.
E aveva ragione.