Jean Giono

J. Giono

Biografia

Jean Giono nasce a Manosque, il 30 marzo 1895 in una famiglia modesta.
Suo padre, Jean-Antoine Giono, è un ciabattino, libertario, autodidatta, generoso, che suo figlio evocherà in “Jean le Bleu” (Il ragazzo celeste). Tutta la famiglia paterna rimarrà del resto circondata da un’aura un po’ mitologica, in particolare il nonno, l’immagine che lui si farà attraverso i resoconti di suo padre ispirerà l’epopea di Angelo, l’ussaro sul tetto.
Sua madre, Pauline Pourcin, dirige fermamente la sua stireria. È lei che tiene la contabilità della casa.

Eccetto per alcuni viaggi, Giono lascerà molto raramente la sua città natale, che sarà citata in molti suoi testi (“Manosque des Plateaux” in particolare).
Nel 1911 Giono deve lasciare il collegio, per lavorare e contribuire alla vita della famiglia. Diventa impiegato di banca a Manosque.
Questi anni in banca gli permettono di avere alcuni libri, i meno costosi, quelli della raccolta classica Garnier. Scopre così l’Iliade e le tragedie greche.

Nel 1916, partecipa alla guerra, le battaglie di Verdun, del Chemin des Dames, del Monte Kemmel dove è leggermente ferito agli occhi. Scopre così l’orrore della guerra, i massacri, uno shock che lo segna per il resto della vita. Rievocherà questa dolorosa esperienza ne “Le Grand Troupeau” come pure nei suoi scritti pacifisti degli anni 30.
Di ritorno dalla guerra, nel 1919, Jean ritrova Manosque e il suo impiego in banca.

GionoDurante gli anni che seguono, Giono scrive instancabilmente. Nel 1923, lavora su “Angelique”, romanzo medioevale rimasto incompiuto; pubblica poemi in prosa nella rivista marsigliese La Criée. Nel 1924, il suo amico Lucien Jacques pubblica “Accompagnés de la flute” e dei poemi in prosa. Nel 1927, Giono scrive “Naissance de l’Odyssée” (Nascita dell’Odissea). È il romanzo fondatore, nel quale si trovano gli elementi che saranno i temi dell’opera futura: l’angoscia ed il fascino dinanzi alla natura, la preoccupazione dell’uomo al contatto col mondo, la vena dionisiaca. “Nascita dell’Odissea” è rifiutata dall’editore Grasset (Les Éditions Bernard Grasset fondées en 1907) che lo qualifica come gioco letterario, accetta tuttavia di pubblicare “Colline” (Collina), nel 1929. Il successo è immediato, tanto di pubblico quanto di critica. André Gide (premio nobel francese per la letteratura) saluta questo libro con entusiasmo e andrà a conoscere Giono a Manosque. Lo stesso anno, Grasset pubblica “Un de Baumugnes”, che conoscerà ugualmente il successo. Jean Giono decide così di vivere della sua “penna” e abbandona la sua occupazione alla banca. Acquista la casa di Parais, piccola casa che ingrandirà nel corso degli anni e che abiterà fino alla sua morte.

Regain” (Risveglio) viene pubblicato nel 1930. Sarà portato sullo schermo alcuni anni più tardi da parte di Marcel Pagnol (“La vita trionfa”, 1937, con Fernandel). Questo romanzo, assieme a ”Colline” e “Un de Baumugnes”, farà parte di una trilogia che prenderà il titolo di Pan.
Questi tre romanzi iniziano a disegnare un Giono poeta, narratore, cantore di una vita in sintonia con la natura, immagine che si confermerà con gli scritti degli anni successivi. Alcuni individueranno in Giono i segni di una nascente autarchia sociale (autosufficienza della Comunità che vive in relativa armonia con la natura), che prenderanno forma nei libri seguenti.
Anche ”Le serpent d’étoile” (Il serpente di stelle) partecipa a questa visione del mondo, con una dimensione cosmica della vita dell’uomo diviso tra le leggi dell’universo, della natura, i suoi impulsi e i suoi desideri.
Il serpente di stelle è un po’ la rivisitazione del mito di Pan: descrive una grande festa di pastori, uomini avvezzi alla solitudine, che una volta all’anno, nel pieno fulgore della transumanza, si radunano sull’altopiano di Mallefougasse, per la rappresentazione del “dramma dei Pastori” alla luce dei falò.

Giono e GionoSolitude de la pitié” è la prima delle raccolte di racconti e prove brevi, già apparsi nelle riviste, che lo accompagneranno lungo tutta la sua carriera.

L’anno successivo, “Le grand troupeau” (Il grande gregge) racconta l’esperienza della guerra. L’idea di gregge rinvia allo stesso tempo alla truppa militare e al gregge di pecore, messi in parallelo nel libro. La storia di questo libro mette in luce l’ingenuità e la sconsideratezza di cui dava a volte prova Giono, che avranno più tardi conseguenze nocive per lui. Giono firma infatti due contratti con due case editrici diverse: Grasset e Gallimard! La situazione finirà per sistemarsi, Giono darà alternativamente il testo a uno quindi all’altro editore, ma quest’incidente mette bene in rilievo questa caratteristica della personalità di Giono, la difficoltà a dire no, il desiderio di soddisfare tutti, un impegno a volte spontaneo.

Nel 1932, “Jean le bleu”, un resoconto in gran parte autobiografico, che da un grande posto alla figura paterna e testimonia l’ammirazione di Giono per suo padre, la sua serenità, la sua generosità. L’invenzione e il romanticismo si mescolano strettamente agli elementi autobiografici in questo racconto lirico.

Con “Le chant du monde” (Il canto del mondo), Giono ritorna al romanzo puro, romanzo d’avventura, epico, nel quale gli elementi naturali hanno ancora un grande posto (il fiume, la fauna).
Con questo romanzo termina la concezione dei romanzi con lieto fine. Quella, anche, dove si pensa all’autore come a una persona senza impegno sociale o politico. In questo periodo, dove si inizia a sentire la minaccia di una guerra, Jean Giono inizia ad agire, ad impegnarsi.
Partecipa a riunioni a favore della pace, quindi aderisce all’Associazione autori ed artisti rivoluzionari, vicino ai comunisti. Benché uomo di sinistra, a tendenza libertaria e anarcoide, Giono resta soprattutto pacifista. L’evoluzione dei comunisti a favore del riarmo lo allontanerà da loro (1935).

Que ma joie demeure”, è una tappa significativa nella maturazione dell’autore. La felicità, la vita comunitaria, si contrappongono qui ai desideri dell’uomo, alle sue passioni. Il pessimismo fa la sua entrata nella letteratura. Il romanzo è tuttavia accolto bene dal pubblico ed avrà un impatto profondo, in particolare sulla gioventù; è un libro che consoliderà l’immagine di Giono come profeta e che contribuirà allo sviluppo di ciò che alcuni chiameranno in seguito il gionismo, fenomeno che prenderà piede negli anni che seguono, fino all’irruzione della seconda guerra mondiale.
Giono tenta di fare passare messaggi, nei suoi libri, nella sua vita quotidiana, con l’avventura del Contadour in particolare: ciascuno deve fare il suo dovere, dice.
È il primo settembre 1935 quando realizza il primo soggiorno al Contadour. Nelle colline dell’alta Provenza, una quarantina di giovani lo seguono durante una quindicina di giorni. Vita semplice, discussioni, letture, vento di libertà. Giono che all’origine voleva soltanto fare conoscere la natura, si trova suo malgrado ad essere considerato come l’animatore di questi soggiorni. J. Giono e Lucien Jacques fondano i Cahiers del Contadour. Vengono pubblicati sette numeri.

Nel 1936, la prova “Les vraies richesses”, segue e prolunga in un certo qual modo “Que ma joie demeure”,, ribadisce l’ideale della comunità rurale e chiama ad una sommossa contro la società industriale capitalista, contro la città e la meccanizzazione che distruggono “le vere ricchezze„.

Le poids du ciel” (1938) è ancora un argomento a favore della natura e contro la guerra e le dittature.
Altri “messaggi„ (raccolti successivamente nella raccolta Scritti pacifisti) verranno pubblicati sotto la firma di Giono durante gli anni che precedono la guerra: “Refus d’obeissance” (Disobbedienza), “Lettre aux paysans sur la pauvreté et la paix” (Lettera ai contadini sulla povertà e la pace), “Précisions” (Precisazioni), “Recherche de la pureté” (Ricerca della purezza).

In questi anni l’autore francese milita attivamente per la pace. La sua posizione è intransigente: né guerra, né fascismo, né comunismo. Si impegna a rifiutare di obbedire in caso di conflitto. Tuttavia, quando viene chiamato, risponde all’appello. Una famiglia da mantenere ed un’opera da terminare hanno avuto un peso maggiore della sua coscienza. J. Giono è però incarcerato per pacifismo per due mesi.
Alla sua uscita di prigione, finisce la traduzione di Moby Dick, di Herman Melville, che aveva iniziato con Lucien Jacques e Joan Smith nei libri del Contadour. Scrive anche il lavoro “Pour saluer Melville”, una biografia in gran parte immaginaria dell’autore americano.

I libri si vendono male ed i redditi ne risentono. Quanto al comportamento di Giono per questo periodo, sarà fonte di molte difficoltà.
Gli si rimprovererà a lungo la pubblicazione di “Deux cavaliers de l’orage” (Due cavalieri nella tempesta), di “Description de Marseille le 16 octobre 1939” e di un servizio fotografico su di lui in Signal (edizione francese di un periodico tedesco). Gli rimprovereranno anche una certa vicinanza ideologica con il Governo di Vichy (il ritorno alla terra e all’artigianato), idee che Giono veicola da molti anni senza tuttavia trarre conclusioni politiche, che saranno poi quelle di Vichy.
Il pensiero J. Giono si troverà nuovamente stampato nel 1941 in “Triomphe de la vie”.

Si parlerà meno invece del fatto che Giono ha ospitato ribelli, ebrei e comunisti. O dello spirito di resistenza che ispira “Le voyage en calche”, proibito dalla censura tedesca.

Nel 1943, Giono pubblica “L’eau vive” e la raccolta “Théatre”. Scrive “Fragments d’un paradis”.
Alla liberazione, l’8 settembre ‘44, Giono è fermato ed imprigionato. Il Comitato nazionale degli autori l’ha iscritto nel suo elenco nero. Sarà liberato cinque mesi più tardi senza essere stato accusato.
Alla fine della guerra, Giono è un uomo disilluso, vittima dell’ostracismo dell’intellighenzia dell’editoria. La sua opera riflette i cambiamenti provocati da questo periodo disturbato e trova una nuova ispirazione.
Trincerato nel silenzio e nel suo lavoro, Giono si dedica per intero ai suoi libri.
Dal 1945 al 1951, scrive otto romanzi e alcuni racconti.
Angélo” (Angelo) scritto nel 1945 e pubblicato nel 1948, inaugura il ciclo dell’Ussaro. “Mort d’un personnage” (Morte d’un personaggio), “Le hussard sur le toit” (L’ussaro sul tetto) cominciato nel 1946 e completato nel 1951.

Parallelamente al ciclo dell’Ussaro, inaugura ciò che chiamerà le cronache, un insieme più o meno omogeneo di racconti, che comincia da “Un roi sans divertissement” (Un re senza distrazioni) nel 1946. Quindi vengono “Noé”, un romanzo sull’autore dove Giono si esprime in prima persona, “Les ames fortes”, “Le moulin de Pologne”, “Les grands chemins”.
Le cronache, scritte su modi narrativi variegati, più brevi dei romanzi di prima della guerra, erano state pensate all’origine come una serie omogenea. Alla fine, però, ogni titolo è completamente indipendente dagli altri. Il ciclo dell’Ussaro, invece, è centrato sul personaggio di Angelo, un giovane ufficiale che sconfina in Francia, dove si imbatte in una serie di intrighi ed avventure. Il ciclo dell’ussaro segna la fine dell’isolamento di cui Giono è stato vittima dalla fine della guerra da parte del mondo letterario francese.

Fino alla sua morte, Giono si dedicherà soltanto alla scrittura. Una scrittura che assumerà del resto forme sempre più variate. L’autore scrive testi per giornali e riviste (alcuni di questi testi saranno successivamente riuniti in volumi: “Les terrasses de l’ile d’Elbe”, “Le trois arbres de Palzem”, “Les Héraclides”, “La chasse au bonheur”.
Viaggia in Italia, il paese delle sue origini (“Voyage en Italie”), in Scozia e in Spagna.

Nel 1954, assiste al processo Dominici, vecchio contadino accusato dell’omicidio di tre turisti inglesi. Pubblicherà le sue note delle udienze nella rivista Arts, quindi, su richiesta di Gaston Gallimard, in volume (L’affare Dominici), accompagnate da “Notes sur l’affaire Dominaci suivies de Essay sur le caractère des personnages”.

Ritorna al teatro con “Joseph à Dothan” e “Domitien”. Lavora anche ad un adattamento di “Chant du monde” che resterà incompiuto: “Le cheval fou”.

Giono avvicina anche un nuovo settore, la storia. “Le désastre de Pavie” tratta della battaglia di Pavia e della prigionia di François I°. Ma Giono non è uno storico, e lo stile del romanziere resta sempre presente in questo lavoro un po’particolare nella sua opera.
Infine, Giono continua a scrivere romanzi e articoli. Tra il 1953 ed il 1957, scrive l’ultimo volume del ciclo del hussard, “Le bonheur fou” (Una pazza felicità) un romanzo “storico”, ma di una storia dalla quale Giono sa prendere le distanze.

Nel 1953 ottiene il Premio Ranieri di Monaco per l’insieme della sua opera. Nel 1954 entra a far parte dell’Accademia Goncourt.

Egli ritrova il romanzo puro con “L’homme qui plantait des arbres” (L’uomo che piantava gli alberi), “Les récits de la demi-brigade” (La fine degli eroi), “Ennemonde et autres carctères”, “Le déserteure” (Il disertore).

Nel 1963 entra a far parte del Consiglio Letterario di Monaco.
Nel 1965, mette in opera “Dragoon” quindi, nel 1967, “Olympe”. Non completerà alcuno dei due testi. “L’iris de Suse” sarà la sua ultima opera.

Parallelamente ai suoi scritti, Giono si interessa al cinema e realizza alcune pellicole (vedere la filmografia).

In questi ultimi anni il suo lavoro è rallentato per problemi cardiaci. Deve stare a riposo, rinunciare alla pipa, agli spostamenti. Nel 1970, le sue forze diminuiscono; deve essere operato per una embolia.
Nella notte tra l’8 e il 9 0ctobre 1970 Jean Giono muore per una crisi cardiaca.

(adattata da “Biographie de Jean Giono, le voyageur immobile”, http://pages.videotron.com/poibru/giono/)

Lhomme-qui-plantait-des-arbres“L’uomo che piantava gli alberi”
Da un racconto breve di Jean Giono del 1953 nel 1987 è stato realizzato un magnifico film d’animazione di Frederick Back. E’ un cortometraggio d’animazione con narrazione, della durata 30 minuti.
La produzione è durata 5 anni, 20.000 i disegni; tecniche utilizzate: matite su acetato, fondi a pastello, vernice.
Una storia semplice ma estremamente emozionante: sorprendente, positiva.
Narra, con apparente leggerezza, le vicende di Elzéard Bouffier. Le semplici e modeste azioni quotidiane del “pastore”, inizialmente misteriose, mettono a nudo alcuni gravi difetti dell’uomo e nello stesso tempo ipotizzano la sua grandezza.
Il racconto è una storia che allarga il cuore e ci fa sentire migliori, racconta proprio di noi, cosa siamo e cosa potremmo essere.
Il film d’animazione rende, se possibile, ancor più potente il messaggio di J. Giono, grazie alle immagini di F. Back, con quel personale tratto “a matita”, che appare instabile, evanescente ma anche realistico e al contempo poetico e incisivo, che rendono perfettamente l’atmosfera del racconto.

Contributi
Durante una passeggiata in Provenza, il protagonista incontra una personalità indimenticabile: un pastore solitario e tranquillo, di poche parole, che vive con le pecore e il cane. Nonostante la sua semplicità e la solitudine nella quale vive, quest’uomo sta compiendo una grande azione, un impresa che cambierà la faccia della sua terra e la vita delle generazioni future. Una parabola sul rapporto uomo-natura, una storia esemplare che racconta “come gli uomini potrebbero essere altrettanto efficaci di Dio in altri campi oltre la distruzione”.

“La maggioranza dei piani si succede al montaggio in dissolvenze collegate e passaggi multipli perché la narrazione non permette tagli. Ho utilizzato matite di cera su acetato, cosa che permette di lavorare a molti livelli di trasparenze. Ho dovuto ricominciare una grande parte dall’inizio perché volevo avere un’immagine più ricca e più morbida. La cosa più importante era creare una progressione nella narrazione in cui questa è quasi impercettibile.

L’argomento di questa storia incita Frédéric Back ad attenersi ad un disegno molto sobrio per non imporre un’animazione troppo predominante affinché la gente presti attenzione al testo. Poiché la maggior parte degli spettatori non vedrà la pellicola più di una volta, si riferisce ad immagini conosciute e gradite. All’inizio della pellicola allude a Bruegel e Goya e, mentre la vegetazione ritorna, evoca la pittura degli impressionisti.
La portata ambientale del messaggio e la ricchezza della filosofia espressa in questo testo concentrano preoccupazioni già affrontate nelle sue pellicole precedenti. Le sementi d’ albero che pianta il pastore sono il simbolo di tutte le nostre azioni, buone o cattive, che hanno conseguenze di vasta portata che noi a malapena possiamo immaginare. Dipende da noi pensare e comportarsi in funzione di ciò che speriamo per il futuro e lasciare un mondo migliore.”

Dal sito di Frédéric Back ( www.fredericback.com/cineaste/filmographie/lhomme-qui-plantait-des-arbres/media_generique_V_0622.fr.shtml )

L’uomo che piantava gli alberi”, 1953. Pubblicato da Gallimard nel 1980.
Ecco quello che Jean Giono disse del suo racconto in una lettera inviata al “Conservateur des Eaux et Forêts” di Digne , il sig.. Valdeyron, nel 1957:
Egregio Signore, sono spiacente di deluderla, ma Elzéard Bouffier è un personaggio inventato. Lo scopo era di fare piacere gli alberi o più esattamente fare piacere piantare alberi (e questa è da sempre una delle mie idee più care). Ma a giudicare dal risultato, lo scopo è stato raggiunto da questo personaggio. Il testo che ha letto in Trees and Life è stato tradotto in danese, finlandese, svedese, norvegese, inglese, tedesco, russo, cecoslovacco, ungherese, spagnolo, italiano, yddisch e polacco. Ho ceduto i miei diritti gratuitamente per tutte le riproduzioni. Un americano è venuto a trovarmi recentemente per chiedermi l’ autorizzazione a stampare questo testo in 100.000 copie e distribuirle gratuitamente in America (cosa che naturalmente ho accettato). L’ Università di Zagreb ne ha fatto una traduzione in yugoslavo. E’ uno dei testi di cui sono più fiero. Non ci guadagno nulla, questo perché realizza ciò per cui è stato scritto. Vorrei incontrarla, se è possibile, per parlare precisamente dell’utilizzo pratico di questo testo. Credo sia il tempo che si faccia “una politica dell’albero„ benché la parola “politica” non sia la più adatta.
Molto cordialmente Jean Giono

(fonte: http://home.infomaniak.ch/arboretum/pla.htm )

Approfondimenti in rete

http://www.italialibri.net/autori/gionoj.html
http://www.fredericback.com/
http://it.wikipedia.org/wiki/Jean_Giono
www.peacereporter.net/dettaglio_articolo.php?idpa=&idc=34&ida=&idt=&idart=280
http://pages.videotron.com/poibru/giono/
http://home.infomaniak.ch/arboretum/pla.htm
L’uomo che piantava gli alberi – Jean Giono
http://it.wikipedia.org/wiki/Repubblica_di_Vichy
http://www.elicriso.it/it/mitologia_ambiente/pan/
http://it.wikipedia.org/wiki/Dioniso

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