Due caffè, prego

caffèIl tempo fugge tra le dita delle mani, la mia corteccia si assottiglia.
Come prendere grandi decisioni?
Devo vivere o lavorare?
Devo piacere o piacermi?
Devo essere comprensibile e giudizioso o spontaneo?
Il tempo non basta mai, mi ritrovo esausto alla fermata e non sono davvero quello che penso di essere.
“Ma noi siamo la palla con cui gioca il buffone, il naso rosso del clown, il fazzolettino di carta in inverno, lo zerbino quando piove.
Siamo quel che rimane nel trogolo del maiale, ciò che passa nei torrenti d’estate negli anni più torridi, l’aria attorno all’autostrada quando viene la sera.
Siamo il tempo ormai passato, la melma in fondo alla damigiana, le bollicine dell’acqua ormai sgassata.
Siamo le vie di fuga annerite tra i pietrini del bagno, la bava alla bocca del cane rabbioso, la goccia d’acqua che cade sull’asfalto rovente.”
Dal bar spunta il cameriere: “Un caffè. Anzi due. Grazie” gli dico.
“Uno nero bollente e l’altro macchiato freddo”.
Seguendo il barista che rientra dopo avermi fatto un cenno, il mio sguardo si ferma sulla vetrina. Si vede attraverso il vetro la gente seduta dentro al bar, il barman, un bambino che salta sulla panca, il mio cameriere che ordina per me. Sul vetro ci sono anch’io riflesso, i tavolini all’esterno e altri tutti attorno. C’è chi parla, chi beve qualcosa, chi legge il giornale.
Ma sulla vetrina si riflette anche tutto ciò che c’è intorno: persone che camminano, auto, palazzi, altre vetrine con altri riflessi, luci, alberi, cani …
Il mio viso è spezzato, dal naso spunta un braccio che gesticola. Su quel vetro tutto il mondo è diverso, è reinventato, sembra un’opera del dott. Frankenstein. Pezzi umani assemblati in maniera orribile, mescolati. E io nel mezzo!
“Io sono la corda del burattinaio, la macchia di muffa nell’angolo, sono quella vite che sostiene la mensola, il sasso che si incastra nel copertone. Io sono la ruggine sulla vite, la cenere dopo il fuoco, il filo di vento di notte, la polvere sollevata in ogni strada. Sono la bestemmia urlata in silenzio, sono il battito in più, e quello in meno. Sono le goccioline di sudore che corrono, il bruco sulla foglia, il rumore della mandibola, la schiuma sul caffè …”
Quella schiuma densa e variegata si muove ancora lentamente, sembra l’universo con i pianeti e le nebulose. Mi perdo in quel mondo così grande dentro una tazzina di caffè. Chissà se c’è vita su quella schiuma? Qualcuno che vive una vita intera in pochi istanti in un mondo caldissimo. Sorseggio il mio caffè macchiato fissando la spirale marrone che si dissolve e rinasce scoppiettando. Ci sarà pace o guerra su quel mondo?
Penso alla gente “importante”, “famosa”, di “successo”, “conosciuta” da tutti. Loro cosa sono? Cosa vogliono da noi? Sanno che esistiamo?
Mah! Almeno noi siamo qualche cosa.
E voi, col caffè preferite acqua naturale o frizzante?
E soprattutto, la bevete prima o dopo?

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