Burzén è il nome, nel dialetto locale, di un piccolo bosco sull’Appennino Tosco-Emiliano, a 800 m. s. l. m.
Circondato da campi coltivati, è il magico bosco di un paesino che frequentavo nella mia infanzia.
Una strada sterrata conduce fino al suo ingresso e ne diventa sentiero all’interno. Ora tortuoso, ora pianeggiante, in parte immerso nelle alte felci e a tratti allo scoperto, lo attraversa mostrando alcuni dei suoi tesori: l’Albero Cavo, l’Albero Scivolo, la Palestrina, il Bosco di Felci, il Pioppeto, la Capanna, ecc.
Ho praticamente “vissuto” qui, dentro e attorno, per anni, d’estate, con amici e cugini.
In questo bosco sono avvenuti agguati, lotte, sono state prese decisioni, abbiamo assaporato funghi, foglie e l’odore del muschio.
Ci ha protetti, come fossimo briganti, quando mangiavamo ciliegie e patate crude prese in qualche campo vicino.
Abbiamo esercitato qui il nostro senso dell’orientamento e la capacità di salire su qualsiasi albero.
Abbiamo rinforzato il nostro coraggio girovagando di notte e abbiamo usato questa manciata di alberi come se fosse il grembo di nostra madre per confessare i nostri piccoli segreti.
Qui sono nati amori e amicizie. Passioni che ancora oggi ci portiamo dentro.
In questo bosco abbiamo imparato a rispettare la natura ed è nata in molti di noi la necessità di coltivare una stretta relazione con la terra e gli altri esseri viventi.
Poi le cose sono cambiate, il bosco è stato recintato dai proprietari e così anche la nostra vita. Tutto ciò che avevamo imparato non serviva più.
Sono nati altri rapporti e obblighi e abbiamo perso un po’ il contatto con le cose più semplici, con le nostre radici.
Avete mai girato freneticamente attorno a voi stessi, come il cane quando rincorre la sua coda, tra lavoro, impegni, case, soldi, cose da fare, per decenni ? Io si, purtroppo.
Dopo tanto tempo sento il bisogno di recuperare e scoprire nuovamente il rapporto con la terra, la natura, con la parte più piccola di me stesso.
Non è solo un po’ di nostalgia per il cibo con quel sapore antico, o per le piccole cose che bisogna saper fare da soli; non è solo per quell’acqua gelata anche d’estate, e non solo per quelle scorribande notturne a cercar rose rosse …
Mi muove anche la voglia di tornare a respirare in un bosco, di passeggiare tra le ginestre in fiore, di abbracciare un albero, di perder tempo a vivere. Sento l’assoluta necessità di recuperare un po’ di semplicità.
Ho bisogno di ritrovare quella che chiamo, per sintetizzare, un po’ di “ruralità”, insomma.
Ma forse non ne sono più capace. Forse tutti gli anni passati a rincorrere la mia coda mi hanno cambiato troppo.