Tour del silenzio/1- Pioggia

foglieEra appena diventato buio. In lontananza il cielo rifletteva ancora il sole, così tutto sembrava strano. In alto un leggero chiarore diffuso e sotto un indistinguibile buio. Nel buio, io. Camminavo velocemente, ma non tanto da farmi notare. Non avevo poi tanta fretta, l’importante era arrivare! Il lungo impermeabile scuro era chiuso su di me come io ero chiuso al mondo. All’improvviso un potente colpo di vento mi investì, portando con sé gocce di pioggia vicina: alzai il cappuccio e guardai in alto. Da nord arrivavano veloci gruppi di nubi che si accalcavano le une sulle altre, si sorpassavano e si inghiottivano, modificando continuamente le loro sembianze. La strada davanti era una striscia nera, talmente scura e lucida da riflettere le poche luci che riusciva a percepire nei dintorni. Io a lato, scansando i punti più luminosi, cercavo di decidere esattamente cosa fare. Le grandi foglie secche dei platani, rinsecchite e accartocciate su se stesse, presero vita. Il vento le fece planare poi atterrare sul selciato con uno strano stridore. Dopo un attimo di confusione sembrò che si mettessero d’accordo e come grandi ragni iniziarono ad avanzare saltellando lungo i marciapiedi e attraversando la strada emettendo sottili, acuti, rumori, con quelle zampette rigide. Attorno a me rimbalzavano i rumori della gente che iniziava a correre sotto i portici, voci stridule giungevano dalla piazza vicina, si avvertivano i suoni ovattati di chi era ancora dentro i negozi e i bar. Porte sbattute, finestre aperte che lasciavano uscire luci e suoni dall’interno, poi richiuse velocemente. All’improvviso il vento si placò. Le foglie, dopo qualche sibilo feroce, si fermarono lì dove erano. Tutto si fermò. Un silenzio totale si sollevò dalla città. Tutto sembrava sospeso nel nulla. Anche la mia anima, per un attimo, si liberò di tutti i “rumori”: in quel momento ero libero da tutti gli obblighi che la mia missione mi aveva incollato addosso. La pioggia arrivò fine e fittissima dal nulla, ed esplose in un boato quando raggiunse i tetti, l’asfalto, le auto, tutte le cose. Rimasi immobile sotto questa inondazione guardando il cielo. L’acqua mi colpì, si infilò tra i capelli, fece il giro attorno ai miei occhi e proseguì verso l’interno. Lavò via tutte le mie illusioni in un attimo. Io, abituato a manipolare la realtà, in un certo senso, questa volta non mi potevo sottrarre al destino. Un brivido percorse la mia schiena velocemente, sentivo molto più freddo di quanto la pioggia potesse aver portato. Le goccioline, davanti a me, sulla strada, iniziarono a luccicare, diventarono quasi fosforescenti. Sembrava uno sciame di insetti luminosi che stessero decidendo dove dirigersi. Poi i fari dell’auto sbucarono da dietro il palazzo e la luce investì anche me. Tutto diventò bianco, luminosissimo, brillante, caldo. E in questo chiarore svanirono la strada, i palazzi, le auto, la città, la notte, in un silenzio visivo e mentale interminabile. Dovevo procedere come da copione: dovevo uccidere ancora!

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